Colombario di via Pescara

 


Colombario Via PescaraLa tomba fu realizzata alla metà del I Sec. d.C., in piena età Giulio-Claudia ed appartenne ad un unico nucleo familiare. Per questo motivo costituisce un'eccezione nel panorama sepolcrale del periodo, in quanto in genere i colombari appartenevano a specifiche corporazioni, ossia a gruppi di persone che conoscendosi o per motivi di lavoro (in quanto praticanti lo stesso mestiere) o avendo qualcosa in comune, decidevano di acquistare un loculo da occupare una volta defunti.

La scoperta della tomba, del tutto casuale, risale al 1932, in occasione degli scavi di sbancamento per la costruzione delle fondamenta dei palazzi che oggi lo sovrastano. Fu restaurato intorno agli anni '50.

Il colombario non era l'unico in zona, anzi faceva parte di un complesso ben più vasto e veniva utilizzato da personaggi aventi nomi di origine greca Questi erano perlopiù liberti, ossia schiavi che erano stati prima affrancati e poi liberati dai loro padroni e che manifestavano il loro nuovo status sociale anche tramite queste tombe, molto curate.

Una conferma a questo ci viene soprattutto analizzando il luogo in cui ci troviamo, una zona non attraversata da importanti arterie viarie e che quindi poteva essere occupata dai ceti sociali minori. I ricchi e potenti infatti, amavano edificare i propri loculi in prossimità delle principali vie consolari, dove sicuramente il traffico era maggiore e maggiore era quindi la visibilità del sepolcro stesso.

Entrando nel piccolo colombario si nota sulla sinistra un timpano tutt'ora perfettamente colorato di azzurro, in cui veniva conservata con molta probabilità il ritratto del capofamiglia, il personaggio principale a cui il colombario stesso era dedicato. Poco più in basso vi è un loculo in cui, com'era consuetudine, venivano conservate le maschere a calco di cera dei defunti ospitati nel colombario.
Una delle urne cinerarie completa del coperchio di chiusura.Una volta l'anno, precisamente nel mese di marzo, in occasione dei Lararia, i parenti dei defunti indossavano queste maschere e la tradizione voleva che la persona che officiava a questo rito perdeva la propria personalità per incarnare quella del defunto. Andando in giro per la città indossando delle tuniche nere e portando in mano delle fiaccole, si facevano rivivere i propri defunti. 

All'interno del colombario sono presenti, perfettamente intatti, i coperchi delle urne cinerarie murate nelle nicchie.

Prima che il corpo fosse incenerito completamente, alla salma veniva tolto un piccolo osso, (generalmente dal braccio) che veniva seppellito intero. Questa cerimonia detta dell' Hossum Resectum, veniva eseguita in quanto l'usanza prevedeva che una seppur piccola parte del corpo, doveva restare intatta. Dopodichèveniva eseguita la cremazione al di fuori del Pomerio, le ceneri venivano raccolte e poi deposte nelle apposite urne.

La decorazione di questo colombario, perfettamente conservato, si compone nel soffitto di rosette rosse contornate da foglie verdi, pittura tipica di quella conosciuta come III stile pompeiano, in cui i romani avevano acquisito una notevole abilità. Questo stile evidenzia comunque un ritorno alla semplicità che è possibile notare anche nelle più piccole ghirlande laterali.

Sui lati più corti dell'ipogeo sono rappresentati dei tralci d'uva di tipo bianco su un lato e di tipo rossa sull'altro che anche se non vogliono rappresentare una sorta di simbologia cristiana, sono comunque gli stessi simboli che da quì ad un paio di secoli a venire, ritroveremo rappresentati nelle catacombe e negli ambienti cristiani in genere.

Sul lato più lungo invece, ci sono delle ghirlande che incorniciano da un lato dei corni potori (un tipo di corno utilizzato per bere, dall'alto valore simbolico), e dall'altro dei cemboli (piattelli concavi che suonati l'uno contro l'altro, emettevano un suono stridulo). Queste rappresentazioni infatti si riferiscono al culto di Dionisiaco, culto molto diffuso in questo periodo caratterizzato anche da una crisi dal punto di vista religioso. I culti più diffusi in quel periodo, ossia di Giove, Venere ed altre divinità pagane, non garantivano la salvezza e la continuazione dell'esistenza nell'aldilà, mentre il culto per Dionisio, Orfeo, ecc. assicuravano la salvezza attraverso lo stato di ebrezza e sconvolgimento che il vino portava a chi lo beveva.