Domus Faustae

 

Alcuni  anni fa , durante la costruzione del nuovo palazzo dell’INPS,  all'angolo tra via dei Laterani e via Amba Aradam,  vennero alla luce ad una decina di metri di profondità i resti di un complesso nel quale si volle riconoscere la Domus Faustae.  Anticamente la zona consisteva  in un terreno accidentato che degradava bruscamente  verso sud e verso ovest; questo rese necessario costruire gli edifici su terrazzamenti. Il risultato fu che, nel corso dei secoli, tutte le strutture superiori furono rase al suolo mentre si conservarono quasi integralmente quelle più a valle.
Le strutture scoperte sembrano appartenere a  tre nuclei diversi di costruzioni, con fasi che vanno dal I sec. d. C. (muri in opera reticolata con restauri del II sec.) fino al IV sec d.C.
La struttura più rilevante e interessante è il lungo corridoio largo 5 metri di cui è stato possibile scavare finora un tratto  di 27 metri di lunghezza, che si estende in direzione est-ovest. Sul lato sud presenta grandi finestre, su quello nord, all'interno, una serie di grandi affreschi che rappresentano personaggi di dimensioni maggiori rispetto al  vero -  alquanto danneggiati e di incerta interpretazione -  databili al IV sec.
Lo stesso corridoio si allarga all’estremità orientale in un'esedra, anch’essa finestrata, con un basamento al centro. Un’ipotetica ricostruzione del complesso mette l’esedra come centro di un portico che si estendeva per 60 metri e un edificio in direzione nord-sud con un profondità di circa 40 metri. La conformazione del terreno e la successiva scoperta del ninfeo all’incrocio con via dei  Laterani  fanno però pensare ad una struttura di dimensioni minori.
La teoria più in voga ritiene che i due nuclei più antichi fossero la casa di Pisone e quella dei Laterani, espropriate durante il regno di Nerone e inglobate nel IV secolo nel palazzo imperiale di Fausta, di cui farebbe parte il terzo nucleo, quello con il corridoio affrescato.
Questa ricostruzione sarebbe suffragata inoltre dall'interpretazione dei personaggi raffigurati sull'affresco del corridoio come membri della famiglia costantiniana.
In realtà, l’attribuzione degli edifici a residenza della moglie dell’imperatore Costantino, non risulta poi così scontata: in primo luogo, per quello che riguarda gli affreschi, le figure, come si diceva precedentemente,  sono piuttosto danneggiate e mancanti delle teste, inoltre i loro attributi non permettono di decidere se si tratti di personaggi della famiglia imperiale ο di un'assemblea di divinità. Inoltre la loro datazione oscilla tra i primi anni del IV sec.  e il secondo quarto dello stesso secolo.
Il  problema nasce da un passo di Optatus Milevitanus che, narrando le vicende del sinodo indetto da papa Milziade nel 313 per giudicare la questione dello scisma donatista, ci informa che i partecipanti: “convenerunt in domum Faustae in Luterano”.
Basandosi su queste  parole molti studiosi  avrebbero  “deciso”  che questa era l’abitazione dell'imperatrice Flavia Maxima Fausta, moglie di Costantino, che l'imperatore avrebbe donato in tutto ο in parte al papa,  in occasione del sinodo e comunque in connessione con l'erezione della basilica e del battistero.
Una decina d'anni fa un articolo di Nash, criticando tale teoria, fa presente che nulla attesti che questa Fausta, citata da Optatus, sia proprio l’imperatrice, ma che anzi è assai difficile che la moglie di Costantino abbia mai posseduto un palazzo a Roma in quanto sembra non sia mai tornata in questa città dopo la sua nascita. Inoltre anche il Liber Pontificalis che elenca minuziosamente tutti i doni e le proprietà assegnati da Costantino alla basilica e al battistero, non cita quella che avrebbe dovuto costituire proprio la donazione più prestigiosa, ossia quella del palazzo imperiale. Il Nash anzi osserva che la leggenda del palazzo lateranense di Costantino e della sua donazione al pontefice non comparirebbe prima del Constitutum Constantini, il famoso falso del VIII sec.
In opposizione a questa teoria e a sostegno della ricostruzione tradizionale, è apparso recentemente il contributo della studiosa Guarducci, che fa  notare che  la futura imperatrice visse i primi cinque anni della sua fanciullezza a Roma e che quindi la casa che l'aveva ospitata da bambina potrebbe essere rimasta di sua proprietà anche in sua assenza e aver preso il suo nome e inoltre analizza una serie di argomenti storici per mostrare l'opportunità politica che il sinodo si svolgesse in un campo sottoposto sì all'imperatore, ma in maniera in qualche modo indiretta come sarebbe stato nel caso dell'abitazione della moglie.
In conclusione, l’unica cosa certa è che  ci troviamo di fronte a parte di una casa tardo antica di alto livello, con una decorazione decisamente lussuosa per cui è anche proponibile - ma finora non è dimostrato con certezza -  l'appartenenza alla famiglia imperiale.

Bibliografia:
P. Liverani, Le proprietà private nell'area lateranense fino all'età di Costantino, p. 891-915
F. Coarelli, Roma, Editori Laterza,  p.271-272


per Roma Sotterranea, Alessio Lo Conte