Piramide Cestia

 

Presso porta San Paolo, lungo la via Ostiense, svetta la bianca mole della piramide di Caio Cestio, uno dei monumenti funerari più particolari giunti fino a noi. Venne realizzata tra il 18 ed 12 a.C. ad imitazione delle imponenti tombe dei faraoni, sulla base di una vera e propria moda culturale “egittizante” che si diffuse a Roma a seguito della conquista dell’Egitto.
Questo non fu l’unico mausoleo costruito a Roma in forma di piramide, si ha notizia di almeno altri tre edifici simili. Due si trovavano una di fronte all’altra, lungo la via Flaminia, all’altezza di Piazza del Popolo,  in corrispondenza della chiesa di Santa Maria dei Miracoli e vennero distrutte proprio al momento della costruzione delle due chiese gemelle.
La terza piramide invece si trovava nel Campo Vaticano, nei pressi dell’odierna via della Conciliazione e venne fatta distruggere nel 1499 dal papa Alessandro VI per aprire la via Alessandrina in occasione della sistemazione della zona per favorire l’accesso dei pellegrini per l’anno santo del 1500.
Le due piramidi, quella ostiense di Caio Cestio e quella vaticana di Borgo, erano note nel Medioevo rispettivamente con i nomi di Meta Remi e di Meta Romuli, nell’uso prevalente del tempo di legare i monumenti a personaggi della storia romana e dove, con il termine meta si soleva indicare strutture di forma conica simili a quelle che venivano utilizzate per segnare i due estremi della spina del circo. 
  
 
La piramide Cestia è costituita da un imponente nucleo in opera cementizia, all’interno del quale venne realizzata la camera sepolcrale. Il rivestimento esterno è costituito da grosse lastre in marmo lunense, l’odierno marmo di Carrara. La base, a pianta quadrata, ha un’estensione di 100 piedi mentre l’altezza è di 125 piedi, rispettivamente 29,50 e 36,40 metri.
Era raggiungibile tramite un breve diverticolo della via Ostiense che conduceva ad uno recinto delimitato da un muro in opera quadrata in tufo. Ai quattro angoli della piramide erano disposte altrettante colonne poste su alte basi, due di queste vennero ricollocate nella posizione originaria in seguito al loro rinvenimento nel corso degli scavi del 1656.
 
Sui lati occidentale ed orientale vi è una lunga iscrizione divisa in due registri:
 
C.CESTIVS L.F.EPVLO POB PR TR PL VII VIR EPVLORVM
Caio Cestio, figlio di Lucio, detto Epulo della tribù Poblilia, pretore, tribuno della plebe e setteviro del collegio degli Epuloni
 
OPVS · APSOLVTVM · EX · TESTAMENTO · DIEBVS · CCC · XXX  · ARBITRATV · L· PONTI · PVBLII · FILII · CLA · MELAE · HEREDIS · ET · POTHI · L
Opera completata, come da testamento, in 330 giorni, per disposizione di Lucio Ponzio Mela figlio di Publio della tribù Claudia, erede, e di Potho, liberto
 
Caio Cestio era dunque un setteviro degli Epuloni, ossia un membro dell’ordine sacerdotale preposto all’organizzazione di banchetti sacri che si tenevano in occasione di feste religiose.
Fu tribuno della plebe ed anche pretore, probabilmente lo stesso menzionato da Cicerone che ricoprì la carica nel 44 a.C. e forse colui che fece costruire il ponte Cestio che ancora oggi congiunge l’isola Tiberina a Trastevere.
Viene poi specificato che come per volontà testamentaria l’opera venne realizzata in soli 330 giorni.
 
Un’altra iscrizione sul lato occidentale ricorda invece il restauro di Alessandro VII, che si svose dal 1656 al 1663.
Altre due basi, destinate a sostenere statue in bronzo dorato di Caio Cestio, erano poste sul lato occidentale del mausoleo ed oggi sono conservate ai Musei Capitolini. 

M · VALERIVS · MESSALLA · CORVINVS    
P · RVTILIVS · LVPVS · L · IVNIVS · SILANVS 

L
 · PONTIVS · MELA · D · MARIVS
NIGER · HEREDES  · C · CESTI · ET 
L · CESTIVS · QUAE · EX  · PARTE · AD 
EVM · FRATRIS · HEREDITATAS
· AGRIPPAE · MVNERE · PER
VENIT · EX · EA · PECVNIA · QVAM
PRO · SVIS · PARTIBVS · RECEPER 
EX · VENDITIONE · ATTALICOR
QUAE · EIS · PER · EDICTVM · AEDIL
IN · SEPVLCRVM · C · CESTI · EX
TESTAMENTO · EIVS · INFERRE 
NON · LICVIT

Su queste basi sono dunque riportate alcune parti delle disposizioni testamentarie di Caio Cestio in cui si legge il desiderio di essere sepolto con gli “Attalica”, ricche vesti intessute di fili d’oro, che prendevano il loro nome dal re di Pergamo Attalo I. Questa volontà tuttavia non potè essere rispettata infatti, nel 18 a. C., venne promulgata da Augusto la lex Iulia sumptuaria con la quale si vietava l’ostentazione del lusso nelle cerimonie pubbliche, comprese quelle funebri. Le vesti vennero così vendute e con i proventi vennero realizzate le due statue in bronzo dorato.
Sempre nella stessa epigrafe alcuni beni sono lasciati ad Agrippa, genero di Augusto.
Proprio grazie a questa epigrafe è stato possibile datare la costruzione della piramide, che risulta quindi compresa tra il 18 a.C., data della legge ed il 12 a.C., data della morte di Agrippa.
 
La cella interna, coperta con volta a botte, presenta dimensioni di 4 metri per 5,85 e venne realizzata in opera laterizia, rappresentando uno dei primi esempi di muratura di questo tipo.
Le pareti e la volta della camera sepolcrale sono dipinte in bianco, con decorazioni di terzo stile. Lo schema decorativo è costituito da grandi pannelli rettangolari con figure femminili alternate a vasi lustrali, separati tra loro da strette partiture rettangolari con candelabri. La volta a botte presenta anch’essa una decorazione a sottili linee su fondo bianco con, ai quattro angoli, immagini di Vittorie alate recanti in mano una corona ed un nastro. Il centro della volta presenta una doppia riquadratura, ma la pittura che doveva decorarla nella parte centrale, probabilmente una scena di apoteosi del defunto, venne distrutta nel Medioevo, nel tentativo di cercare ulteriori ambienti nascosti nell’intradosso della volta stessa.
Il pavimento invece è in opus spicatum, con l’utilizzo di piccoli mattoni disposti a spina di pesce.
                  Vittoria_alata_Piramide Cestia                            Decorazioni_Piramide_Cestia  
Nel 271 d.C. iniziò la costruzione di una nuova cinta muraria da parte dell’imperatore Aureliano. La necessità di completare l’opera in tempi brevi ed il notevole risparmio sui materiali che si otteneva, portò gli architetti che la progettarono ad inglobare molte strutture che si incontravano lungo il percorso. Anche la piramide Cestia venne così inglobata nelle mura stesse come l’anfiteatro castrense, il sepolcro di Eurisace, il castro Pretorio ed alcune parti di acquedotti.
Probabilmente proprio questa sua nuova funzione strutturale, nell’ambito del sistema difensivo, prima della città romana e successivamente di quella dei papi, ne consentì la conservazione, rispetto al destino delle altre piramidi romane, distrutte ed utilizzate come cave di materiali edilizi.

Bibliografia
  • Filippo Coarelli, Roma, Editori Laterza, sesta edizione 2001
  • Carmelo Calci, Roma Archeologica, adnkronos libri, 2005 
  • Ida Calabi Limentani, Epigrafia Latina, Cisalpino1991
  • Forma Urbis, Giugno 1999, ESS

per Roma Sotterranea, Simone Santucci