Struttura dell'anfora

 

Struttura dell'anforaCerchiamo di conoscere e di apprezzare questo antico e tuttora usato "mezzo di imballaggio".

Esso è semplice e funzionale, rispecchia la tradizione, l'ingegno dei vari popoli che si affacciavano sul Mediterraneo, il senso della razionalità, l'evolversi nei secoli delle culture secondo i mutamenti politici ed economici.

Le forme delle anfore cambiano a seconda dei popoli di provenienza e varia è stata la loro evoluzione via via che il cammino della civiltà progrediva.

Gli antichi Greci dicevano che un vaso per essere bello deve essere funzionale e che per essere funzionale deve essere bello. Le antiche anfore che si trovano nei nostri mari sono nelle loro più svariate forme, qualcosa di bello, elegante e funzionale.

Sono eleganti ma adatte anche a incastrarsi le une con le altre nella stiva delle onerarie in più strati sovrapposti, rendendo il carico saldo e non lasciando sotto coperta spazi inutilizzati. Le sei parti che compongono un'anfora sono, nel disegno quì a fianco: l'orlo (1), il collo (2), le due anse (3), il corpo (4) detto anche pancia e il piede (5) o peduncolo. Nella lettura dei reperti (disegno a destra), oltre a orlo (1), collo (2), anse (3), pancia (6) e piede (7) si usano anche i termini raccordo (4) e spalla (5) per descrivere le evoluzioni delle forme.

I "manici", che si chiamano anse, servono per una solida presa, il piede a punta permetteva di piantarle nello strato di sabbia che copriva il fondo della stiva, o per rizzarle in file ben allineate nella sabbia o terra dei porti. Si suppone che lo scaricatore di allora afferrasse questi contenitori per le anse e per il piede e le caricasse in spalla, oppure l'anfora veniva legata a un palo e trasportata da due persone.

Il navicularius, con la sua perizia, stivava le onorarie con grande abilità. Un'anfora vinaria di età repubblicana poteva contenere circa 20/26 litri. In questo periodo il termine anfora era usato anche come unità di misura: un'amphora = 26 litri = 8 congii; 1 congio = litri 3,28 = 6 sextari.
 
Utilizzo di un anforisco per la chiusura di un anfora!Lo Stato controllava e bollava alcuni di questi contenitori come oggi vengono bollati i litri o mezzi litri da mescita, garantendo così la loro capacità di misura.

Questi grossi vasi erano realizzati con il tornio, strumento esistente fin dai tempi più antichi, con argilla non depurata, a volte ripassate nella parte esterna con un'argilla diversa.

Le anfore venivano in genere fabbricate nei luoghi di provenienza delle merci e la costruzione era, per così dire, a "produzione di massa". Venivano infatti modellate in sei parti diverse, assemblate prima della cottura; le sei parti in questione sono nell'ordine: orlo, collo, anse, corpo e piede. L'orlo è la parte terminante del collo, le anse i manici da presa; il punto in cui il collo si innesta nella pancia o corpo, che è la parte centrale del vaso, si chiama raccordo, mentre la spalla è la parte superiore della pancia, o corpo, e il piede è la punta inferiore alla pancia e affonda nella sabbia.

I bolli di Sestius, con vicino i simboli propiziatori!Per la conservazione delle derrate era importante avere una chiusura ermetica. Molte sono state le tecniche usate per raggiungere questo scopo, anche tenendo conto del tipo di merce da conservare.

Quasi sempre venivano tappate con dischi di legno o sughero, ricoperti di pozzolana pigiata, altre volte veniva incastrata nel collo una pigna verde, che, oltre a servire da tappo, dava aroma al contenuto. Molto raramente troviamo avvitata nella parte superiore del collo un'altra piccola anfora tutta piena, modellata con la stessa argilla del contenitore: si tratta del famoso "anforisco" di cui sono stati trovati diversi esemplari in Spagna in concomitanza ad anfore betiche; qualcuno è stato ritrovato pure sui nostri litorali (per uno studio più approfondito dell'argomento vedi: "Las amforas romanas in Espana", Miguel Beltran Lloris, pag. 78-80). Le anfore portano segni diversi che indicano il contenuto o la provenienza, lo spedizioniere o il mercante e talvolta il vasaio costruttore. Diamo una distinzione di questi "segni".

Esempio di chiusura mediante tappi di pozzolana e sughero!I Signacula sono i marchi impressi nell'argilla o nel tappo prima della cottura e indicano il nome del fabbricante, che poteva essere anche l'armatore della nave o lo spedizioniere.

I Graffiti, segni incisi prima della cottura, sono di pertinenza del vasaio; quelli graffiti dopo la cottura sono relativi al commercio e cioè al peso, al tipo di merce e all'ordine di stivaggio; sono segni difficili da interpretare.

I Tituli Picti sono iscrizioni dipinte con setole di maiale o con un dito; indicano il contenuto, la provenienza, il trasportatore, il peso e il numero d'ordine nella stiva.Su ogni parte di anfora si può, al limite, trovare un 'iscrizione; in genere le parti più segnate sono il collo, le anse e la spalla. Ogni coccio rinvenuto va accuratamente esaminato, perché se ha un segno diventa ancora più interessante.
Nelle anfore venivano trasportati diversi prodotti alimentari: il vino che era posto in recipienti impermeabilizzati con resina o bitume, l'olio che ha lasciato ancora la sansa e il suo sapore nei reperti, olive, grano, semi, spezie, aceto, datteri e il garum, una specie di salsa di pesce.

In epoca repubblicana e imperiale gli ottimi vini di Cos venivano imitati in Italia, come racconta Catone nel De agricultura, con uve immerse in acqua marina; si otteneva un prodotto "made in Italy", molto simile a quello greco e i furbacchioni di allora, imitando il prodotto, ne imitavano anche il contenitore: vedi le anfore Dressel 2/4 di tradizione greca.
Le anfore da trasporto spesso non erano utilizzate per un solo viaggio; molte volte, giunte a destinazione, venivano nuovamente riempite con altre derrate e, stivate, erano pronte per la partenza. Quando non erano riutilizzabili per il trasporto, potevano essere riciclate e usate come culle per neonati, parti di abitazioni, strutture portuali e anche come urne funerarie per i più poveri.

Lorenzo Mari tratto da 'Speciale Archeosub' supp.to n. 79 di Sub - 6/91