L'Aventino, il più meridionale fra i sette colli di Roma, pone ancora oggi molti interrogativi agli studiosi: pochissimi tra i monumenti elencati nei Cataloghi Regionari infatti sono stati identificati e precisamente ubicati in una mappa ideale della città antica.
Fortunatamente alla fine degli anni 50 del ‘900, durante alcuni lavori di ristrutturazione di un villino prospiciente Largo Arrigo VII, furono rinvenuti, dieci metri al di sotto del piano stradale, alcuni ambienti affrescati facenti parte di una ricca domus – una casa privata - di epoca tardo- repubblicana (prima metà del I secolo a.C.). Il luogo è conosciuto anche come “Casa Bellezza” dal nome del famoso maestro d’orchestra Vincenzo Bellezza, proprietario del villino negli anni ’30.
L’antico edificio affacciava sul Clivus Publicius - l’odierna Via di Santa Prisca – e gli ambienti rinvenuti erano sotterranei già all’epoca della loro realizzazione: si trattava, infatti, di alcune stanze, di cui due - di forma rettangolare - giunte fino a noi, che si affacciavano su di un criptoportico.
Data la loro ricca decorazione pittorica ci troviamo di fronte ad ambienti di rappresentanza, probabilmente utilizzati per trovare refrigerio durante le calde giornate estive.
Gli ambienti, soprattutto per quanto riguarda il lato pittorico, sono il risultato di alcuni rimaneggiamenti succedutisi nel tempo, probabilmente per seguire i gusti dei proprietari..
Si acede ai sotterranei attravero una scala a chiocciola in ferro all'interno dell'edificio. La prima stanza è caratterizzata da una fila di quattro colonne ioniche, probabilmente in peperino, ricoperte a stucco e disposte sul lato lungo dell’ambiente; delle altre quattro sul lato opposto, distrutte allorquando sopra di esse venne realizzato un muro, rimangono solo dei lacerti all'interno di strutture realizzate al momento del recupero dell'ambiente. Le colonne furono probabilmente aggiunte in un momento successivo. Sui muri affreschi su fondo bianco del IV stile pompeiano rappresentano motivi vegetali, mostri marini, delfini, pavoni, ghirlande, candelabri e paesaggi.
Il soffitto a volta doveva essere a motivi geometrici concentrici, mentre il pavimento, così come negli altri ambienti, è in opus scutulatum, vale a dire realizzato con inserti di scaglie di pietre e marmi colorati; verso la parete di fondo esso è impreziosito da una lastra circolare in breccia d’Aleppo. A rifinire il punto di incontro del pavimento con le pareti vi era una zoccolatura in marmo, sopravvissuta solo in minima parte, alta circa venti centimetri.
La seconda stanza è caratterizzata dal colore giallo scuro delle pareti. L’accesso avviene tramite l’apertura originaria, con gli stipiti e i fori per i cardini ancora al loro posto. I dipinti qui sono eccezionalmente ben conservati, anche grazie a numerosi interventi di restauro, e sono anch’essi riconducibili al IV stile pompeiano. Sono raffigurati elementi architettonici alternati ad edicole. Si riconoscono rappresentazioni di figure fantastiche, girali, candelabri, ghirlande, maschere, cervi e paesaggi. Il soffitto presenta una stupenda decorazione composta da una rete di quadrati azzurri intersecati con circonferenze gialle. I punti di intersezione delle fasce azzurre sono decorate da motivi a croce rossi con al centro piccole figure fantastiche. Anche qui vi era una zoccolatura in marmo.
Una terza stanza è stata in passato murata e probabilmente riempita di terra di riporto.
Il criptoportico era munito di finestre a bocca di lupo oggi murate. Sono ancora visibili sulla volta resti di affreschi di II stile pompeiano: motivi geometrici a forti tinte gialle blu e rosse, ricoperti successivamente da intonaco bianco sul quale furono poi realizzati dei graffiti, uno dei quali, rappresenta un uomo a cavallo. Il pavimento, nel quale fu realizzata una canalina per il deflusso dell’acqua piovana che entrava dalle finestre, fu realizzato in due momenti diversi, utilizzando frammenti di marmi eterogenei.
L’abbandono della domus è con tutta probabilità da ricollegarsi alla realizzazione di una grande struttura termale da parte dell’Imperatore Decio, alla metà del III secolo. In quell’occasione molti edifici privati della zona furono distrutti. La stessa sorte toccò a questa domus, della quale si salvarono solo alcune strutture sotterranee, nelle quali oggi possiamo vedere ancora le possenti opere di fondazione delle terme.
Fonti
Francesca Boldrighini, ”Domus picta. Le decorazioni di casa Bellezza sull’Aventino” 2003, Electa Milano
Carlo Pavia: ”Guida di Roma Sotterranea” 1998, Gangemi Editore Roma