Ipogeo di Trebio Giusto

 

Nel  1909 Orazio Verdirosi  acquistò un terreno all'altezza del primo miglio della via Latina per costruirvi un villino; a distanza di due anni nel 1911, preoccupato per alcune crepe che minavano la stabilita dell'edificio, effettuando uno scavo per indagare sulla situazione delle fondamenta, si imbatté in un ipogeo completamente decorato da pitture.

Anticamente l'accesso avveniva tramite una galleria cimiteriale, lungo la quale in epoche successive furono realizzate alcune semplici tombe ad arcosolio, il cui ingresso non venne mai trovato a causa della franosità del terreno; Il cubicolo posto in fondo alla galleria era perfettamente quadrato con un lato di 2,60 metri.

Ipogeo di Trebbio GiustoSi accede alla tomba principale attraverso un arco, nel cui spessore sono dipinti due genietti canefori , portatori di canestri, dai quali parte una decorazione vegetale che va a ricongiungersi sulla sommità dell' arco stesso.
Nella parete d'ingresso, sono rappresentate diverse figure e simboli: due muli con i rispettivi mulattieri; una corona da cui spunta un ramo di palma; una figura femminile; due contadini con cesti di frutta.

La parete di  fondo è suddivisa in tre ordini di pitture: Nella lunetta del profondo arcosolio è raffigurato il defunto, seduto su uno sgabello , con un volumen aperto sulle ginocchia; attorno si vedono delle tavolette cerate, una cesta per i rotula e una theca calamaria.Una scritta in rosso ricorda che la tomba fu eretta da Trebio Giusto, omonimo del defunto, e Horonatia Severina, in onore del figlio, soprannominato Asellus, asinello, morto a "ventuno anni, quattro mesi e venticinque giorni".

Ipogeo di Trebbio GiustoSopra la lunetta, un personaggio seduto in cattedra, il defunto, riceve da un uomo e una donna, presumibilmente i genitori , alcuni oggetti preziosi su una sorta di tovaglia: alcuni braccialetti, un anello in oro gemmato e un vasetto biansato.
La zona in basso è interamente occupata da un'altra scena di offerta. Al centro il defunto, riconoscibile dal suo soprannome, circondato da cinque uomini  in abbigliamento da lavoro, tre alla sua sinistra, due a destra, che gli offrono cesti di paglia colmi dei prodotti della terra.

Sulla parte inferiore delle pareti laterali si aprono  tre loculi per parte, sopra  di essi, sulla parete di destra un gruppo di operai a lavoro costruisce un edificio, che si intravede tra la vegetazione. In una scena di efficace realismo,  sono rappresentati mentre trasportano mattoni, salgono su una scala e in cima a un'impalcatura stendono la malta, l'unica rappresentazione nota di un ponteggio di età romana.

SIpogeo di Trebbio Giustoulla parete di sinistra due personaggi, uno, presumibilmente un architetto, definito in una scritta ai piedi dell'immagine generosus magister, con in mano una lunga asta,  impartisce ordini all'altro, un capo mastro, con in mano una cazzuola e un'assicella che in proporzione dovrebbe rappresentare la misura del piede romano. Alle spalle di queste due figure si vede una costruzione terminata che sembra essere quella cui stanno lavorando gli operai sulla parete opposta.

Al centro della volta, incorniciato in un clipeo decorato con fiori e foglie  è rappresentata la figura di un pastore con il bastone e la syrinx in mano, il tipico strumento pastorale a fiato, tra due pecore che alzano la testa verso di lui.
La presenza di questo simbolo, il buon pastore, un classico nel repertorio della pittura catacombale, fece supporre che il giovane defunto fosse cristiano.  In realtà la sola presenza di questa immagine rispetto alla quantità di rappresentazioni di vita quotidiana , quasi un album fotografico, rende quest'attribuzione molto dubbia. Si propende più a collocare il monumento tra quelli cosiddetti "eretici". Il nucleo familiare professerebbe una sorta di sincretismo, una religione cristiana ancora "inquinata" dal paganesimo.

Proprio per questa contaminazione religiosa cristiano-pagana e alcuni elementi  riscontrabili nelle pitture quali: corpi massicci, gestualità contenuta e vesti con ornature tipiche dell'età costantiniana, potrebbero far collocare la costruzione di quest'ipogeo nei primi anni del IV secolo d.C.
 
Oggil 'ipogeo è ben nascosto da una botola al pianterreno di un edificio degli anni '70 nel quartiere Appio Latino, che ha preso il posto del vecchio villino, in via Martellini al civico 13.


Bibliografia
  • Leonella De Santis, "I segreti di Roma sotterranea", Newton Compton Editori, 2008
  • Mario Petrassi, "Torna alla luce l'ipogeo di Trebio Giusto", 1976