Chiesa di S. Susanna

 

I sotterranei di Santa Susanna sono stati scavati in fasi diverse; una parte di essi è stata scoperta nel 1830 e vi si accedeva fino a poco tempo fa dalla cripta; a questi scavi si sono aggiunti quelli effettuati nel 1938, del 1990 in occasione del restauro delle cantine effettuato dalle monache e poi soprattutto quelli degli ultimi anni 2000 curati da Padre Domenico Lino Pacchierini che han permsso di riportare alla luce una porzione dei sotterranei molto ampia fino ad allora totalmente sconosciuta.

Corridoio della domusLe origini del sito sono antichissime: nato come chiesa paleocristiana nel 280, diventò luogo di culto dedicato ai cristiani nel 330. La Chiesa fu costruita sulle case di Caio e Gabinio, zio e padre della martire Susanna e cugini di Diocleziano, tanto da meritarsi nel quarto secolo il toponimo di "ad duas domos" ("alle due case"). Secondo la tradizione Susanna rifiutò come sposo il figlio adotivo di Diocleziano, Massimiliano Galerio, essendosi votata alla verginità; per tale rifiuto fu condannata l'11 Agosto del 294 alla decapitazione, che avvenne proprio di fronte la casa della futura martire. Dopo la sua morte, lo zio Caio, divenuto nel frattempo Papa, ordinò che Susanna fosse ricordata e venerata proprio all'interno della sua abitazione; quando successivamente Costantino permise il culto del cristianesimo, la chiesa fu "ufficializzata" e restaurata numerose volte. Le monache cistercensi sono titolari del Complesso Monastico di Santa Susanna dal 1587, epoca del Pontificato di Sisto V, grazie all'intercessione della sorella del Papa stesso, donna Camilla Peretti, che fece sì che venisse loro affidato il monastero.

 I primi scavi condotti alla fine dell'800 permisero di portare alla luce sotto l'altare della confessione una domus romana del III secolo; tali resti sono ancora visibili attraverso la pavimentazione in vetro della sacrestia. Scavi più recenti hanno inoltre riportato alla luce numerose strutture appartenenti a tale domus, accessibili dalla scala di sinistra del chiostro del monastero. Scendendo le due rampe di scale si accede ad un corridoio ricavato in parte da una porzione di acquedotto facente parte di una diramazione dell'acquedotto Marcio, e pavimentato con marmi antichi ricavati dagli scavi degli anni precedenti; al termine del corridoio si giunge in un primo ambiente di servizio oggi a disposizione delle mPozzoonache in cui si possono osservare alcune suppellettili tardo-ottocentesche, alcune tegole bollate e, soprattutto, una intera parete in opus reticolatum, facente parte della domus. Dal termine di tale ambiente si ha accesso ad una piccola sala al centro della quale, protetto da un vetro, è possibile ammirare un antico pozzo romano profondo 20 metri per la presa dell'acqua di falda che oggi è stato rimesso nuovamente in funzione da Padre Pacchierini grazie all'utilizzo di una pompa idraulica, così da permettere ai visitatori di gustarne l'acqua potabile. Salendo qualche gradino si accede ad ulteriori due ambienti nei quali è possibile ammirare i resti di una ricca domus di III secolo della quale si conservano ancora le pavimentazioni con motivi geometrici a tessere di mosaico bianche e nere ed alcune porzioni di pareti finenemente decorate con motivi vegetali, nonchè un corridoio, anch'esso dipinto e rivestito in mosaico bianco, in ottimo stato di conservazione.

MosaicoScendendo dalla scala di destra del chiostro, invece, si ha accesso ad ulteriori strutture della domus (nonchè alla prosecuzione del corridoio di cui sopra) ed in particolar modo ad un ambiente che ha costituito un'autentica sorpresa durante gli scavi; gli scavi, infatti, parzialmente ancora in corso, sono stati effettuati con la volontà di rendere agibili e percorribili gli ambienti sotterranei ma durante un saggio esplorativo, è emersa una elegantissima e preziosa pavimentazione in mosaico in tessere bianche con cornice nera al centro del quale sono presenti numerose losanghe di marmi colorati e, soprattutto, due splendidi emblemata in opus vermiculatum, veri e propri quadretti in mosaico finissimo eseguiti a parte e incastonati successivamente all'interno della pavimentazione. Si tratta di due scene di amori mitologici legati a Mercurio uno ed a Nettuno l'altro; i soggetti sono discussi ed ancora oggetto di studio, ma la figura femminile intenta ad attingere acqua potrebbe essere quella di Amimone, una delle cinquanta figlie del re Danao.

  Sepoltura e sarcofagoGli scavi della Prof.ssa Margherita Cecchelli del Dipartimento di Archeologia Cristiana dell'Università La Sapienza effettuati tra il 1990 e il 1992, sono stati condotti all'interno dell'attuale sacrestia del monastero, area che nel medioevo costituiva invece l'interno della Chiesa di Santa Susanna, in quanto fino alla seconda metà del quindicesimo secolo la chiesa era costruita su tre navate e solo dopo gli interventi di Sisto IV vennero eliminate le navate laterali facendo sì che la chiesa odierna venisse a corrispondere con la navata centrale medievale. Gli scavi hanno riportato alla luce innanzitutto l'antica pavimentazione della chiesa in battuto di calce, un'altra domus posizionata ad un livello più alto che molto probabilmente ha costituito la cella iniziale della primitiva chiesa di Santa Susanna, e soprattutto un'area funeraria sottostante la chiesa. In tale area sono state rinvenute una sepoltura a cappuccina ed un sarcofago antico riutilizzato che costituisce un vero e proprio unicum; all'interno di tale sarcofago è stato rinvenuto, infatti, un corpo scheletrizzato completamento ricoperto da circa 7000 frammenti di intonaco dipintoDipinto accuratamente deposti con la faccia dipinta verso l'alto a copertura del defunto stesso, quasi a voler custodire la decorazione nel tempo sottraendolo alla distruzione: è questo probabilmente il primo esempio di "strappo" di un dipinto di cui purtroppo non si conosce il contesto originario né una datazione certa. L'Istituto Centrale del Restauro è stato in grado di ricomporre i numerosi frammenti così da formare cinque volti di santi ed una decorazione pittorica, anch'essa esposta e visibile nella sacrestia della chiesa, rappresentante un'immagine bizantina di Maria con Gesù bambino in grembo affiancata da due santi, a cui è stata sovrapposta la rappresentazione di un arco sovrastato da un timpano ai lati dei quali sono presenti i due santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista che indicano l'agnello dell'Apocalisse e due frasi esemplificative dei due personaggi stessi (una delle quali presenta un errore grammaticale frutto probabilmente delle tradizione orale).


per Roma Sotterranea, Ivano Stranieri


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