Le origini del manufatto risalgono al VI secolo AC.; ideata da Tarquinio Prisco e realizzata da Tarquinio il Superbo per almeno il tratto che dal Vicus Tuscus arrivava al Tevere, venne progettata come canale di drenaggio per convogliare le acque che provenienti dal torrente Spinon allagavano l’Argiletum, la valle del Foro Romano ed il Velabro. Probabilmente però la sua funzione più importante era quella di riportare velocemente nel proprio alveo le acque del Tevere che periodicamente esondava.
Le fonti riportano che sicuramente in età imperiale svolgeva già la sua funzione di fognatura servendo un vastissimo territorio comprendente oltre alla zona Forense ed il Velabro, almeno la Suburra e l’Esquilino.
La Cloaca Maxima ha sempre funzionato, anche se in età rinascimentale era probabilmente attivo solo il tratto sottostante il Velabro, fino allo sbocco al Tevere sotto al Tempio di Ercole Olivario. Nel 1500 il Cardinale Michele Bonelli nipote di Pio V nella realizzazione del quartiere Alessandrino, creò un valido sistema fognario che raccoglieva le acque dalla zone dei Pantani e dalla Suburra convogliandole tramite il Chiavicone della Suburra alla “Marrana di S.Giorgio” nel Velabro.
Questo Chiavicone ricalcava esattamente il vecchio percorso della Cloaca Maxima, ma fu realizzato più superficialmente, in quel terrapieno formatosi nei secoli dalle distruzioni degli edifici e dal limo portato dalle esondazioni del Tevere. Si ricollegava e drenava le sue acque nel tratto funzionante e conosciuto della Cloaca Maxima al Velabro.
E’ ormai dimostrato che la Cloaca Maxima è stata costruita nel VI sec. A.C. come doppio canale già sotterraneo, diviso da un muro di spina, e ricoperta con una falsa volta realizzata con lunghi blocchi di Cappellaccio sovrapposti a scaletta verso l’interno e coperta in piano con blocchi trasversali poggianti sulle mezze volte e sul muro di spina. Opere simili coeve sono state edificate da maestranze al servizio di tiranni regnanti in Grecia ed in Magna Grecia. La ricostruzione grafica basata su ciò che resta in opera della Cloaca Maxima originale, è perfettamente compatibile con le quote della pavimentazione della Piazza del Foro realizzata sotto Tarquinio il Superbo.
Percorrendo la Cloaca Maxima dalla Suburra al Velabro possiamo ammirare una straordinaria varietà di opere murarie, che testimoniano dei lavori di estensione , di modifica e restauro del manufatto nei secoli che vanno dall’età regia all’abbandono della zona forense in età tardo antica. Possiamo vedere cambiamenti di tecniche stili e materiali in funzione delle necessità, delle modifiche degli spazi monumentali sovrastanti, delle necessità statiche, delle possibilità economiche dei costruttori. Se dopo ottocento anni di servizio in cui l’opera è stata soggetta a manutenzione, ed ha funzionato per esteso, dal V secolo DC è andata in abbandono scomparendo sotto molti metri di macerie e limo. Solo la zona sottostante il Velabro, per qualche motivo che ancora non conosciamo ha continuato a funzionare fino ai nostri giorni.
Alla fine del 1800 nella realizzazione di Roma Capitale l’Ing. Narducci incaricato di ripristinare gli antichi condotti fognari restaurabili, esplorò e sterrò tutto il tratto di Cloaca Maxima risalendo il Foro Romano e Il Foro di Nerva per arrivare fino al tratto sottostante via Tor de Conti, ripristinandone il funzionamento. Dal 2004 Roma Sotterranea in collaborazione e sotto la guida della Sovra Intendenza BB. CC. di Roma Capitale, ha svolto una campagna di lavori che ha spaziato dall’esplorazione di tratti inediti, al rilievo topografico, fino allo studio tecnico del monumento. Grazie a molte collaborazioni esterne abbiamo avuto la possibilità di effettuare prospezioni geognostiche con Tomografia Elettrica e studi con Georadar; carotaggi orizzontali e verticali ed endoscopie nelle murature della cloaca in alcuni punti strategici; rilievo di precisione con Laser-scan effettuato in due lunghi tratti del canale principale; piccoli saggi di scavo di alcuni condotti ostruiti.
Tutte le ossevazioni ed i risultati dei lavori son state oggetto di conferenze, convegni e pubblicazioni a stampa.